Riproduzione Armi ed Armature Medioevali e Rinascimentali

 



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L’armatura nel xv secolo

Quando si pensa ad un cavaliere medioevale, si pensa immediatamente alla sua armatura.
Per riuscire a capire un'armatura, ovvero per riuscire a leggere all'interno delle sue piege, carpirne le forme, per riconoscerne caratteristiche, stili e fattura, occorrono diversi anni di attento e meticoloso studio e soprattutto, una grande passione.
Ogni volta che mi trovo davanti a un manufatto originale mi rendo conto di quanta fatica dovevano fare gli armaioli di un tempo, e quanto ingegno possedessero per riuscire ad ottenere opere così sofisticate e funzionali, partendo da una semplice lamina metallica.
Oggi la mia bottega è in grado di riproporre quegli oggetti nelle forme e negli spessori originali, l’unica cosa che viene da noi acquistata già fatta sono i rivetti, piccoli segmenti di giunzione indispensabili per connettere le varie parti e permetterne il movimento.
Tutto il resto lo costruiamo noi: fibbie, cerniere, le rondelle a forma quadrangolare, cuoietti vari e le farsate (imbottiture in stoffa poste all’ interno degli elmi o dove necessitano), che vengono tutte rigorosamente fatte a mano.

Trattiamo qui di seguito nel dettaglio, l’analisi di ogni pezzo componente un’armatura italiana del XV secolo.

L’armatura è una struttura antropomorfa, quasi un esoscheletro, che non deve assolutamente limitare i movimenti del cavaliere. Per costruire una buona armatura sono necessarie le misure perfette del committente, e nel caso degli schinieri (parte sotto il ginocchio) e degli avambracci, dei calchi in gesso.

Osservando ad esempio il quadro di Piero della Francesca che ritrae Federico da Montefeltro Duca di Urbino, si può notare come i cannoni d’avambraccio siano estremamente aderenti allo stesso.

Nei quadri del pittore Vittore Carpaccio, alcuni fanti veneziani portano come protezione, oltre all’elmo, solo gli schinieri. Qui si possono notare le perfette aderenze alle linee anatomiche delle gambe.

Le armature prodotte da Millennium fabri Armorum non presentano nessun tipo di moderna saldatura.
Ogni curva e ogni piega viene modellata rigorosamente a mano. Le scatolature vengono ricavate senza soluzione di continuità direttamente dalla modellazione della lamiera, ricurvandola su sé stessa e lasciando l’interno vuoto.

Per replicare al meglio questi oggetti un buon aiuto ci viene dato dalla possibilità di toccare, fotografare e misurare con precisione gli originali. Diverse visite a musei quali lo Stibbert, castel Coira, il museo del Bargello, Santa Maria delle Grazie, Kunsthistorische Museum di Vienna o il castello di Anbrass ad Innsbruck, ci hanno permesso di capire, a noi uomini del 2000 un pò più l’arte armorara.

Le nostre opere, pur replicando fedelmente gli spessori e i sistemi di martellatura dell'epoca, non presentano la stessa resistenza (misurabile con il metodo Rockwell ) richiesta nei campi di battaglia o nei tornei di un tempo. Ciò è dovuto alla scelta di non usare gli originali sistemi di tempra, inutili per l'uso esclusivamente estetico che hanno oggi le armature.
Il metallo viene compattato e sagomato a caldo con infinite serie di martellate. Partendo da uno spessore di lamina di 2,5 mm, si riesce ad arrivare a 1,4 -1,8 mm nel prodotto finito e ripulito (tirato a lucido).

Ginocchiere
e cubitiere (protezioni del ginocchio e gomito) vengono plasmate partendo da un solo pezzo. Le cubitiere, nello specifico, presentano la parte terminale dell’ogiva quasi piena e le varie falde di movimento del braccio, scorrendo molto aderenti l’una sull’altra non permettono l’ingresso di nessun tipo di arma a ferire.
Far calzare un petto con la classica forma a “coppa” richiede un fisico adatto. Nel passato le persone non avevano solitamente chili superflui, ecco che un Ruberto da Sanseverino (morto alla battaglia di Calliano 1486) aveva un giro vita da 68 cm e un torace da 96 cm.
Le articolazioni devono seguire tutti i movimenti del corpo, con un’armatura fatta a misura si possono fare le capriole a terra e montare agevolmente a cavallo, anche se il peso complessivo può arrivare a 30 kg .

Gli spallacci tipici all’italiana sono asimmetrici dando così spazio, sulla destra, all’alloggiamento per la resta (appoggio per la lancia).
Nel quadro di Paolo Uccello “la battaglia di San Romano” si nota chiaramente la torsione del braccio destro per far passare la lancia sotto l’ascella, gesto necessario dovuto all'allargamento della parte posteriore degli spallacci delle armature della metà del '400. Fino a quel momento il gomito restava basso in quanto gli spallacci non erano così avvolgenti.
Colpi di spada come i fendenti sono impossibili da effettuare con armature all’italiana. Per questo gli homini d’arme, una volta scesi da cavallo, usavano impugnare la spada in armeggio stretto, ovvero brandendo l’impugnatura con la destra e con la sinistra la lama nel “medio“.

I guanti (mittenti) sono anch’essi asimmetrici, offrono alla mano sinistra che regge lo scudo e le redini un’ampia protezione al polso, e sotto alla singola falda di movimento, le dita sono protette da scaglie segmentate tipiche all’italiana.
La destra, che impugna la spada necessita invece di due falde di movimento e la possibilità della torsione del polso. Le dita sono come la precedete.
I fiancali, con ampie bordure scatolate a quadrato, unite ai fiancaletti e al batticulo vanno a proteggere le parte bassa del corpo.
Al momento della cavalcatura i fiancali, data la loro particolare forma e mobilità completano la copertura formando un tutt’uno con i cosciali.

L’aspetto finale non è certo di una persona goffa. Ogni parte metallica funge da protezione formando un’armonia di linee che tanto fecero amare l’armatura gotica italiana in tutto il mondo conosciuto.

Gianfranco De Cao

P.Iva: 02763680242 Millennium Fabri Armorum di De Cao Gianfranco
P.le della Vittoria, 16 - 36071 Arzignano

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